A febbraio dello
scorso anno, ho dedicato uno dei primi articoli della Moodboard a un’artista
orafa e alla sua passione per l’ambra (qui). Visto il successo
dell’articolo, a tutt’oggi il più letto, per questo primo mese del 2017 ho
voluto riprendere il tema della gioielleria proponendo un articolo sulla storia
del gioiello italiano, magnificamente raccontata in una mostra dal titolo Il gioiello
italiano del XX secolo (in corso al Museo Poldi Pezzoli di Milano fino al
20 marzo).
Ingresso alla mostra Il gioiello italiano del XX secolo |
Attraverso
l’esposizione di 150 bellissime opere (tra tiare e diademi, collane ombelicali,
anelli, bracciali, spille e orecchini) disposte in sezioni cronologiche, la
curatrice della mostra e storica del gioiello Melissa Gabardi ripercorre le
tappe fondamentali dell’evoluzione
gioielliera in Italia, dagli inizi del Novecento fino agli anni
Ottanta-Novanta, ponendo in risalto le eccellenze tecniche del nostro Paese e
inserendole in un contesto artistico-culturale più ampio (moda, design,
architettura). Se, a inizio secolo, la gioielleria italiana era ancora molto
legata alla coeva produzione francese, con l’andare del tempo la creatività e
la genialità di alcuni grandi gioiellieri l’hanno resa autonoma al punto da
farla diventare un riferimento nella produzione orafa internazionale e dando
vita a uno stile tutto italiano, il cosiddetto “made in Italy”.
Tiara, Mario Buccellati, 1929 |
Parlando di
gioielleria italiana, i nomi che vengono subito alla mente sono Buccellati (il “Principe degli orafi”,
nella suggestiva definizione di Gabriele D’Annunzio) e Bulgari. A questi grandi gioiellieri viene dato ampio spazio,
naturalmente, accanto però a nomi meno conosciuti al grande pubblico ma
altrettanto importanti come Musy, Cusi, Ravasco, la Scuola di Padova, ecc., che
hanno intrapreso un percorso partito dalla rielaborazione delle origini per poi
spiccare il volo nella più pura sperimentazione. Ma andiamo con ordine…
Diademi, Musy, Torino |
Nei primi anni del
Novecento e fino alla metà del secolo scorso, sulla scia dell’entusiasmo e del
gusto per l’Antichità generati dagli scavi di Pompei ed Ercolano, i gioiellieri
italiani trovano ispirazione nel passato
(Classicismo, Rinascimento, Barocco, Rocaille,
ma anche elementi decorativi della cultura greco-romana ed etrusca) e nell’antichissima tradizione orafa
italiana (intagli, cammei, particolari lavorazioni dell’oro), facendo a
gara per aggiudicarsi le importanti commissioni dei Savoia e dell’aristocrazia,
e per diventare fornitori della Real Casa.
Collana a résille, Firenze, 1905 |
L’Esposizione internazionale
d'arte decorativa moderna di Torino del 1902 e l’Esposizione Internazionale svoltasi
a Milano nel 1906 segnarono un punto fermo per lo sviluppo della gioielleria Liberty e del suo credo
estetico, fatto di linee agili e flessuose, e di temi naturalistici (vedi
articolo Suggestioni Art Nouveau, qui). La magica e ricca atmosfera d'inizio secolo, con i suoi fastosi abiti da sera, dà un grande impulso all’alta
gioielleria con lo stile ghirlanda,
lanciato a Parigi da Cartier ma approdato anche in Italia, stile che predilige l’uso
di platino e diamanti, motivi decorativi quali fiori, nastri e fiocchi su
diademi, collier de chien (collari
gemmati) e colletti à résille (a rete
gemmata). Le molteplici occasioni mondane danno modo alle signore di sfoggiare
parure e monili sfolgoranti, che richiamano l’impalpabilità dei tessuti e dei
pizzi allora in voga, al pari delle perle, indossate a lunghi fili.
Bracciale, Alfredo Ravasco, 1925 |
Dopo la fine della Prima
guerra mondiale si impone invece uno stile più sobrio, fatto di linee rette
(anche grazie ai nuovi tagli delle pietre), simmetrie e motivi geometrici: è l’Art Déco. Il binomio moda-gioielleria
si conferma vincente: le braccia scoperte lasciano spazio ai bracciali e agli
orologi da polso al femminile (simbolo di emancipazione e modernità), e il
taglio di capelli “alla maschietta” decreta il successo del bandeau (piccola coroncina portata sulla
fronte) e degli orecchini.
In alto, collana scomponibile in tre bracciali, Cusi, anni '30 |
La crisi del 1929
colpisce anche l’economia italiana, ma è soprattutto l’autarchia proclamata dal
regime fascista negli anni ’30 ad
imporre un periodo di maggiore austerità, che sfocerà nel famoso Oro alla
patria del 1935. La produzione, tuttavia, non si ferma e ci si ispira ai
francesi bijoux blancs per creare modelli severi in platino e oro bianco
tempestati di pavé simmetrici di diamanti. Spopolano i gioielli trasformabili,
utilizzabili in diverse occasioni, come i bracciali che si uniscono a formare
collane di varie lunghezze.
Lo scoppio della
Seconda guerra mondiale porta con sé l’inevitabile crisi della produzione
orafa: ditte e laboratori vengono chiusi o distrutti. Nel 1941, in Italia sarà
addirittura proibita per legge la compravendita di gioielli e il reperimento di
materiali preziosi e gemme risulterà praticamente impossibile. Negli anni ’40 la gioielleria subirà, quindi,
una parziale battuta d’arresto, e si rivolgerà a forme imponenti e gemme
semipreziose (o sintetiche) per sopperire alla mancanza di pietre e metalli
preziosi.
In alto a sx, collana Cerchi per Carla Cerchi, Giò Pomodoro, Milano anni '50; collane e spilla, Arnaldo Pomodoro, anni '60 |
Negli anni ‘50, avviene l’emancipazione dalle
influenze esterne e nascono i cosiddetti gioielli
d’artista (tra gli esponenti di spicco, Arnaldo e Giò Pomodoro). Il boom
economico degli anni ’60 vede Bulgari sfidare i grandi gioiellieri
francesi con uno stile unico e inconfondibile (vivaci combinazioni di colore,
forte ricerca del volume, tagli insoliti per le pietre, introduzione di monete
antiche su gioielli contemporanei).
In alto, collana e bracciale, Bulgari, collezione Tubogas; in basso, collana e bracciale, Bulgari, collezione Chandra; a dx, bracciali, Bulgari, collezione Serpente |
Nel 1971 si assiste
a un’esorbitante ascesa del prezzo dell’oro, che avrà come conseguenze dirette
lo sviluppo da un lato del design e della creatività, per sostituire questo
metallo prezioso sempre più costoso, e dall’altro di materiali alternativi,
quali acciaio, perspex…
Gli anni ‘80 segnano il successo di Milano
e della moda italiana, incoronando i nuovi re: gli stilisti. Con l’ingresso di
Gianfranco Ferré da Dior nel 1989 l’egemonia francese è ormai un vecchio
ricordo. Dopo questa data, il gioiello italiano risulta di difficile
definizione in un mercato sempre più allargato, globale e standardizzato.
Gioielli della Scuola di Padova |
A corollario di
questa interessante esposizione, oltre al catalogo, segnalo il volumetto Breve guida alle tecniche in gioielleria
di Lia Lenti e i vari incontri, laboratori didattici, aperitivi e tè al museo,
proposti per approfondire le preziose tematiche della mostra.
Sara Radaelli
Sito della mostra
Foto scattate
dall’autrice dell’articolo